Cosa sono le microlingue?
La definizione, come spesso accade per le questioni di linguistica nel nostro Paese, è controversa. Le microlingue corrispondono a ciò che comunemente nel mondo anglosassone è stato definito LSP (Languages for Special Purposes) prima e poi EST (English to Scientists and Technologists):
L’acronimo “LSP” si diffuse rapidamente ma, nel giro di una decina d’anni, si propose il passaggio da special a specific, che accentua l’attenzione ai bisogni specifici dello studente: Mackay e Mountford nel loro fondamentale testo del 1978 svilupparono l’acronimo “EST” come “Teaching English to Scientists and Technologists” anziché come “English of Science and Technology”. Come sintetizzò Ambroso: “non è più speciale la lingua ma specifico lo scopo” (1981).
(BALBONI, 2000: 10)
Posta la lingua come macrolingua, come un polisistema che contiene varietà regionali e differenti registri, all’ interno di questo sistema collochiamo anche le microlingue.
Come leggiamo ancora in Balboni (2000): consideriamo le microlingue scientifico – professionali quelle “porzioni” di lingua “(all’interno di tutte le componenti della competenza comunicativa in una lingua) usate nei settori scientifici (ricerca, università) e professionali (dall’operaio all’ingegnere, dall’infermiere al medico, dallo studente di liceo al critico letterario) con gli scopi di comunicare nella maniera meno ambigua possibile e di essere riconosciuti come appartenenti ad un settore scientifico o professionale”.